"Che cos'ha di particolare la tua Bergamo?"
Ogni volta che mi viene posta questa domanda (alla quale le risposte sarebbero infinite, lo sappiamo!), racconto alle persone quello che amo di questa città speciale e così ripercorro con la mente tutte le sfumature della sua bellezza; nel farlo, penso sempre a quanto Bergamo sia fortunata: ha un'anima così unica nella sua duplicità di Alta e Bassa, splendidamente coronata da quell'abbraccio di verde tutt'intorno.
E trovo che proprio tale aspetto renda questa città ancora più singolare: con un balzo - letteralmente! - sa portarti nella natura più verde, tanto da farti dimenticare la fisionomia della città, ma con la storia sempre vicina, pronta a svelarsi per te in ogni angolo.
La valle di Astino
La magia di questo luogo - che è soltanto uno degli scrigni verdi della città - è proprio questa: in un batter d’occhio lasci la città alle spalle e la natura si spalanca ai tuoi occhi, verdissima e luminosa.
È quasi irreale come in pochi passi si varchi un mondo ribaltato rispetto a quello da cui si proviene: salutati il vociare delle persone, le infinite auto e le file di case, lo scenario cambia radicalmente e il silenzio diventa il tuo compagno di viaggio.
Questa meravigliosa porzione dei Colli merita oggi un'attenzione particolare anche e soprattutto perché nell’ultimo periodo è stata protagonista di incredibili momenti: un restauro complessivo importante, che ha avuto come apice il ritorno "a casa" di un'opera di eccezionale valore, e la conquista del prezioso Premio Nazionale del Paesaggio 2021 con il progetto "La biodiversità dentro la città". E non è finita: è in corso la sua candidatura al Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa!
…Ma riavvolgiamo il nastro e andiamo alle origini di questa bellissima storia!
Il monastero di Astino e la chiesa del Santo Sepolcro
Nel verde che si spalanca, il protagonista indiscusso, principe di quest’oasi di smeraldo, è l'incantevole complesso che ospitò, un tempo, un'importante comunità monastica.
Le sue origini risalgono al 1107, quando venne fondato il monastero di Astino da parte di alcuni monaci vallombrosani (ovvero appartenenti alla congregazione monastica di Vallombrosa, vicino a Firenze); pochi anni più tardi venne invece consacrata una chiesa annessa, dedicata al Santo Sepolcro.
La scelta di fermarsi in un luogo del genere si deve alla vocazione dei vallombrosani verso la regola benedettina (a cui la loro congregazione faceva capo) dell'ora et labora: una distesa verde come quello attorno al monastero poteva garantire loro la più ampia quiete per potersi dedicare alla preghiera, e l'estensione territoriale per soddisfare ogni necessità di sostentamento.
I monaci vallombrosani trovarono ad accoglierli un clima molto favorevole: pochi anni prima, con la fine dell'autorità vescovile, Bergamo si era infatti proclamata libero comune, e la Chiesa era stata investita da un clima di riforma che portò così all'accettazione di buon grado dei monaci. Questi si insediarono nel cuore della valle edificando una piccola chiesetta: il nucleo originario della chiesa del Santo Sepolcro.
Il monastero visse lunghi secoli di brillante sviluppo ed espansione, grazie soprattutto alle notevoli donazioni ricevute. Nel corso del Quattrocento, tuttavia, complesse vicende politiche coinvolsero la comunità bergamasca e così lo stesso monastero, ed una lenta decadenza prese ad investire il complesso monastico, fino a quando, nel 1797, secondo la volontà del regime napoleonico, l'ordine venne soppresso.
In seguito, il complesso ebbe le destinazioni più svariate: nel corso dell'Ottocento, fu trasformato in ospedale psichiatrico, rivolto particolarmente a persone con ridotte disponibilità economiche, e come tale fu usato fino al 1892. Negli anni successivi fu destinato ad attività agricola, per essere infine venduto, nel 1923, a soggetti privati.
Nelle ultime destinazioni, l'incuria investì completamente questo luogo, in particolare nelle sue componenti più fragili (numerose furono, ad esempio, le tele trovate strappate).
Il lungo abbandono si protrasse fino al 2007, quando, per merito dell'acquisto dell'intero complesso da parte della Congregazione della Misericordia Maggiore, presero il via importanti lavori di restauro - ancora oggi in corso - che hanno già inaugurato il complesso nella nuova veste di luogo culturale, splendida cornice per eventi legati al territorio.
L'impegno della Congregazione ha riportato alla giusta luce la bellezza di molte sale conventuali e si è spinto al recupero di affreschi finora nascosti sotto spessi strati di intonaco, steso tra Otto e Novecento, quando il monastero era stato adibito alle destinazioni appena evidenziate.
Il ritorno dell’Ultima Cena dell'Allori ad Astino
Durante gli anni del suo splendore monastico, furono molti gli artisti che presero parte all'arricchimento del complesso di Astino. La straordinaria opera che vedi è L'Ultima Cena, che venne commissionata nel 1580 dall'Abate del monastero ad Alessandro Allori, detto il Bronzino, un abile pittore fiorentino che aveva lavorato alla decorazione di vari conventi vallombrosani; a Bergamo contribuì anche alla realizzazione dei disegni degli splendidi arazzi di Santa Maria Maggiore.
Il soggetto del dipinto, molto ricorrente nella decorazione dei refettori conventuali - dove i monaci consumavano i loro pasti ascoltando i versi della Bibbia - venne infatti espressamente richiesto dall'abate.
Proviamo ad "entrare" nella grande tela dell'Allori: nella geometria dei personaggi, fra i quali si sta consumando il dramma umano scaturito dall'annuncio del tradimento di Cristo, la tavola riveste un ruolo fondamentale, evidentemente sostanziale. Ricchissima, finemente e dettagliatamente imbandita, essa è una vera e propria natura morta, densa di elementi simbolici: ogni erba, fiore, vivanda, frutto o vegetale svela un significato nascosto, connesso alla Passione di Cristo e al sacrificio eucaristico.
Il dipinto ha subìto anch'esso le conseguenze dei complessi accadimenti che hanno investito il monastero di Astino: è rimasto nel refettorio fino al 1798, quando, con la soppressione del convento da parte del governo napoleonico, si giunse alla conseguente confisca di tutti i beni.
In seguito ha dimorato a lungo in Palazzo della Ragione, nel cuore di Piazza Vecchia, passando anche per le camere del Comune di Bergamo e per gli spazi della Biblioteca Angelo Mai.
Dopo i tanti viaggi, come dicevamo in apertura, il meraviglioso «capolavoro errante» è appena tornato nella sua collocazione originaria, il refettorio di Astino, inaugurando con l'occasione un'importante stagione estiva per questi spazi. Se vuoi approfondire la freschissima notizia, clicca qui!
La Valle della Biodiversità, sezione dell'Orto Botanico “Lorenzo Rota”
Il complesso di Astino gode della compagnia di un "vicino di casa" delizioso: un lembo di verde interamente dedicato alle coltivazioni biologiche, ovvero la sezione del noto Orto Botanico di Colle Aperto "Lorenzo Rota" denominata "La Valle della Biodiversità".
Interessantissimo spazio di relazioni e di esperienze intrecciate alla natura, si impegna per educare alla sostenibilità e contribuire ad armonizzare uomo, agricoltura e natura, a partire dal contesto locale.
Questo spazio insegue inoltre l'obiettivo di tornare alla naturale vocazione del territorio, ovvero valle agricola della biodiversità, e accoglie in questo senso sperimentazioni importanti: da pochissimi anni è stata qui reintrodotta la coltivazioni di una coppia di fibre tessili tipiche della bergamasca, ma assenti dalla metà del Novecento, il lino e la canapa.
Nei suoi 9000 metri quadrati di estensione, vi vengono coltivate 300 specie e oltre 1500 varietà, che variano a seconda delle stagioni e delle programmazioni, dalle più rustiche alle tropicali in vaso, come pomodori, mais, patate, viti, fagioli, quinoe, amaranti, frumenti, risi, insalate, bietole etc.
La visita è arricchita da coinvolgenti contenuti multimediali: in particolare, attraverso la funzionalità Smile Visit è possibile accedere a molte informazioni sulla Valle della Biodiversità e sui percorsi della Val d’Astino, così come ascoltare i racconti legati ad ogni coltivazione, che ti ricordo essere sempre varia!
La preziosità di questa esperienza di visita è che permette di conoscere al meglio non solo l’Orto Botanico, ma anche il contesto naturalistico che lo ospita. Gli Orti Botanici bergamaschi sono veri e propri musei di natura, preziosi laboratori educativi che oltre a studiare e conservare testimonianze del patrimonio vegetale, avvicinano il pubblico al mondo delle piante e così all'intero territorio, con l'intento ultimo di riconnettersi istintivamente con la natura che ci circonda!
A questo proposito ti segnalo che propongo spesso il tour dei giardini di Città Alta, dove non mancherà una visita all'Orto Botanico "Lorenzo Rota", in Colle Aperto! Ogni stagione è quella giusta per godere appieno degli straordinari angoli verdi della città, approfondendone tutti i particolari più interessanti: tieni d'occhio il calendario dei tour della Margì per non perdere questo appuntamento con la meraviglia!
La Torre o il Castello dell’Allegrezza
L'Orto che ti sei appena lasciato alle spalle affaccia su una via dal nome estremamente inebriante: è la via dell'Allegrezza, che si addentra nella distesa di verde adagiata di fronte all'ex monastero di Astino. Intraprendendo questa strada e percorrendola fino alla fine, con il fedele monastero sempre sullo sfondo, raggiungerai quel che resta di un antico fortilizio di origine medievale, appartenuto alla nobile famiglia Suardi: la Torre o Castello dell’Allegrezza, che vedi nella foto!
Collocato in questo punto perché posto originariamente in dialogo con altri castelli non distanti, cessò, dopo diverse fasi di vita, la sua funzione iniziale: con l’arrivo di Venezia, la pacificazione interna e una maggiore stabilità politica, diversi edifici difensivi vennero trasformati in cascinali e le torri spesso inglobate nelle nuove costruzioni; anche l’Allegrezza diventò cascinale e per secoli fu dimora di contadini che lavoravano per i monaci del convento di Astino.
Oggi la piccola e antica fortificazione è stata acquisita dalla Congregazione della Misericordia Maggiore di Bergamo insieme al corpo dell'antico monastero: chissà che non provveda anche al suo recupero dopo aver ridato vita al complesso di cui sopra! Tutt'intorno, il bosco dell’Allegrezza è un magico luogo d'importanza naturalistica: ospita infatti un antico querceto, ricco di querce, ornelli, aceri e carpini.
Ma come mai questo nome così curioso? "Allegrezza" pare derivi dal termine "grangia", ovvero un fabbricato rurale utilizzato come deposito o magazzino: da qui, si immagina rapidamente come "ala grangia" possa essere diventato.. Allegrezza!
Che dici, ti è venuta voglia di una passeggiata alla scoperta (o ri-scoperta!) di questo mondo che brilla di storia e natura, incorniciato da colli punteggiati di splendide case che sbirciano dall’alto?
Come sempre, aspetto con estrema curiosità le tue sensazioni ed impressioni: scrivimi a info@nadiamangili.com!
Riferimenti
Riferimenti fotografici
Monastero di Astino (paragrafo: "La valle di Astino")
Ultima Cena di Alessandro Allori - http://www.eosarte.eu, Pubblico dominio.
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