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Bergamo e la dominazione di Venezia: in viaggio tra palazzi, Mura e leoni alati


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Il Leone di San Marco scolpito su Porta San Giacomo

Prendiamo "il largo" - è proprio il caso di dirlo, vedrai! - in questo viaggio con un simbolo impossibile da non riconoscere, il più immediato riferimento ad una città straordinaria, che ha intrecciato la sua storia con quella bergamasca per oltre tre secoli: Venezia.

A testimonianza di ciò, infatti, un'animata serie di leoni alati è rimasta a proteggere Bergamo!


Ma procediamo con ordine: quest’anno, la città più unica al mondo, impareggiabile gioiello di storia nato sull'acqua, ha compiuto 1600 anni.

Fra le realtà che ha influenzato, come ben sai, c’è anche la nostra città, che è stata un tassello protagonista della storia veneta sulla terraferma.


Le tracce del lungo passaggio di Venezia hanno plasmato – letteralmente! – la città bergamasca, tanto che sia all'esterno, sia in molti suoi angoli - nei dettagli di piazze e palazzi - brilla ancora il legame con la Serenissima.



Alle origini della dominazione di Venezia su Bergamo


Canaletto, Il Canal Grande da palazzo Balbi, 1728 - Accademia Carrara

Catapultiamoci nell’agitato e ricchissimo corso del Quattrocento, e per la precisione nell’epoca delle cosiddette Guerre di Lombardia: la Repubblica di Venezia sta attuando un’aggressiva politica di espansione sulla terraferma, e per questa ragione dà grande filo da torcere al Ducato di Milano, giungendo a strappargli Bergamo (e Brescia) dalle mani.


Siamo sul finire del 1427: insieme a Bergamo, la Repubblica di Venezia eredita la struttura amministrativa organizzata dai Signori di Milano, i Visconti, e cerca di modificarla il meno possibile; lascia inoltre molta libertà a Bergamo, la quale diventa una delle cosiddette “podestarie maggiori” della terraferma veneta, nella quale la città lagunare invia propri rappresentanti - un podestà, appunto, e un capitano - ad amministrare la giustizia, a difendere il territorio e a governarlo a livello fiscale.



Il nuovo volto di Piazza Vecchia a Bergamo


La Serenissima ripensa significativamente il nucleo centrale della città, ricostruendo la sede del comune, ovvero il Palazzo del Podestà, e aprendo il porticato di Palazzo della Ragione; è sempre Venezia a realizzare lo scalone che discende da quest'ultimo.


Sempre il Palazzo della Ragione conserva ancora oggi i simboli più immediati del passaggio della Serenissima: le finestre trilobate in stile gotico, segno distintivo veneziano, e ovviamente il leone di San Marco.


Un dettaglio, nella sua raffigurazione - guarda l'immagine in apertura con il leone di Porta San Giacomo -, rimanderebbe alla "presa" della città: il libro che regge con la zampa è aperto sulle parole «Pax tibi, Marce, evengelista meus» (dal latino: «Pace a te, Marco, mio evangelista»).

La tradizione attribuisce la presenza del libro aperto alla presa della città in pace, e, viceversa, in guerra quando il libro è raffigurato chiuso.

La Serenissima, tuttavia, non codificò mai i propri simboli, dunque non si può avere piena certezza di questa interpretazione.

Piazza Vecchia, che tuttora conserva il volto datole da Venezia

La stessa fontana che sorge al centro della piazza è una memoria veneziana: viene donata alla cittadinanza da Alvise Contarini, podestà della Repubblica di Venezia, e porta il suo nome; il legame dei bergamaschi con questo elemento architettonico si svela nel Novecento, quando, in tempi di recupero del centro storico, i cittadini chiedono di rimettere la fontana al suo posto, spostando la statua dedicata a Garibaldi che l’aveva sostituita in epoca Risorgimentale.


Inoltre, sotto la dominazione veneziana, importanti piazze prendono vita (Piazza Mascheroni, adibita a mercato), o la riacquistano (Piazza Pontida, alle porte della Città Bassa).


Viste le numerose opere previste in città da Venezia, con l’occasione giungono a Bergamo importantissimi artisti, architetti e scultori: ricordiamo il Filarete - la torre principale del Castello Sforzesco di Milano è opera sua – e il Bramante - progettista, tra le altre cose, della Basilica di San Pietro in Vaticano.



Le Mura di Bergamo Alta e quelle.. di Bergamo Bassa!


Stampa della I metà del XV secolo, "Complesso di S. Agostino [...]"

L’inizio del Cinquecento si distingue per una serie di vicende estremamente turbolente che investono la città: il tentativo dei francesi di impossessarsi della bergamasca insieme alle frequentissime invasioni spagnole - per un totale di dodici attacchi in sette anni! - portano distruzioni e violenze, che si alternano agli sforzi di Venezia per riappropriarsi della città.



Le Muraine di Città Bassa


La Torre del Galgario, ultima testimonianza delle Muraine di Città Bassa

Quando i veneziani giungono a Bergamo, la città è in realtà già dotata di una cinta muraria, però a difesa della città bassa! Sono stati i Visconti a realizzarla, a protezione dei borghi di questa zona della città.


Le Muraine - questo il loro nome - vengono tuttavia ristrutturate dai veneziani, anche affinché fossero un punto di passaggio e quindi di tassazione; verranno ricordate come le «sorelle minori» delle Mura di Città Alta.


Oggi rimane ben poco di questa costruzione, ma potresti aver avuto modo modo di notare, anche distrattamente, un'affascinante testimonianza della parte sud-orientale dell'antica costruzione: la Torre del Galgario.



Le Mura di Città Alta


Una veduta aerea delle Mura di Città Alta, durante l'evento "L'abbraccio delle Mura", il 3 luglio 2016

Ma è solo a metà del Cinquecento che Venezia, costretta a riconoscere la precarietà del suo dominio sul Mediterraneo, e votata ormai completamente la sua attenzione verso i commerci del centro Europa, comprende la necessità di proteggere in maniera più consistente il suo avamposto più estremo nell’entroterra. Deciderà così di dotare Bergamo di nuove mura, ritenendo le Muraine non più sufficienti.


Mura, queste, che saranno chiara metafora di un dominio ormai definitivamente sulla via del declino, complice un evento straordinario che, di recente, aveva cambiato completamente le prospettive del mondo: la scoperta dell’America. Tale evento aveva reso il Mediterraneo, di cui Venezia era padrona, un "lago" periferico, ora che il baricentro del mondo si era spostato, rivelando un nuovo continente al di là dell’oceano.

Questo progetto segnala, inoltre, che Venezia non avrebbe più espanso i suoi territori sulla terraferma.


Per la grandiosa realizzazione prevista, date le eccezionali proporzioni, vengono mobilitate incredibili quantità di operai e di architetti (lagunari e bergamaschi) per aprire il cosiddetto “Forte San Marco” - così era chiamato il cantiere. Il disegno delle mura si deve invece dell’architetto fiorentino Bonaiuto Lorini.


Pietro Bertelli, Theatrum Urbium Italicarum, 1599

La questione più drammatica che la costruzione della cinta muraria porta con sé è che, di fatto, occorre demolire un'enorme quantità di edifici - quantificati nell'ordine di duecentocinquanta - perché il tracciato delle mura possa svilupparsi come progettato.


Si compie così la distruzione di numerose cascine, abitazioni, laboratori, orti, interi borghi, nonché luoghi di culto secolari.


Le autorità religiose tentano con ogni loro mezzo di opporsi a questa sciagurata operazione, e indicono tre giorni di processione per “illuminare le coscienze delle autorità”; inviano persino degli ambasciatori a Venezia, presso il Doge, per tentare di convincerlo a rinunciarvi, ma senza risultato.


Scompaiono così la chiesa San Lorenzo, che darà il nome alla porta che si aprirà nelle mura in questi pressi, il convento domenicano di Santo Stefano - contenente le spoglie di Pinamonte da Brembate - e soprattutto, il luogo religioso più importante per i bergamaschi: la Cattedrale di Sant'Alessandro, che custodiva le reliquie del santo patrono della città.

In suo ricordo, nel Seicento è stata posta una colonna, attorniata da una serie di lapidi, nel luogo in cui sorgeva, ovvero dove ha trovato spazio la porta di Sant'Alessandro.


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La Colonna posta a ricordo della Cattedrale di Sant'Alessandro, demolita per innalzare le Mura

Unicamente il convento di Sant’Agostino riesce ad essere risparmiato, in parte grazie alle somme versate dai frati ma, in particolare, per la complessità che avrebbe comportato la sua demolizione - venendosi a trovare, infatti, su un bancale di roccia molto dura.


In totale, sono stati otto gli edifici religiosi demoliti, ed otto sono state, di conseguenza, le scomuniche che le autorità religiose locali hanno scagliato sulle spalle del governatore generale, il conte Sforza Pallavicino.

Questi dovrà faticare particolarmente - nonché versare una somma notevole di denaro - al fine di vedersele revocare, negli anni successivi.


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La colonnina di pietra «non latius»: da qui in avanti sarebbe passato il tracciato delle Mura

Tutto ciò che sorgeva sul tracciato delle Mura viene così demolito: la sua ampiezza è ancora oggi testimoniata dall’ultima iscrizione su pietra che si conservi - visibile appena imboccata la Scaletta della Noca, lasciata alle spalle piazza Giacomo Carrara.


Si distingue ancora, infatti, nella parte inferiore, l'espressione latina «non latius», ossia «non oltre»: questa colonnetta in pietra indicava il punto a partire dal quale il terreno sarebbe stato sgomberato da edifici e abitazioni, per far posto alla cinta muraria.

Osservando la parte superiore, ci si accorge, infatti, che vi è rappresentata proprio una casetta in forma stilizzata.



Le porte della Mura venete e i leoni di San Marco


Porta San Giacomo

A completamento del progetto, in corrispondenza delle principali direttrici stradali vengono aperti quattro varchi, le porte della città.


Una cartolina che ritrae Porta Sant'Alessandro

Le porte seguono i quatto punti cardinali: a sud sorge la Porta San Giacomo - di fronte a cui si sviluppa lo scenografico viadotto progettato da quell'Alvise Contarini che dona alla città la fontana di Piazza Vecchia - a est Porta Sant’Alessandro, a nord Porta San Lorenzo - la prima ad essere costruita, ma ben presto chiusa perché poco difendibile e spesso soggetta ad allagamenti - e ad est Porta Sant’Agostino.


Porta Sant'Agostino

Dalle porte si apriva il tipico ponte levatoio e su tutte campeggiava il simbolo della Serenissima, il leone di San Marco, anche se nessuna ha mantenuto l'originale, poiché con le successive dominazioni essi sono stati sostituiti.

Grazie ad un restauro di metà Novecento, i leoni sono tornati a vegliare sulle rispettive porte - eccezion fatta per Porta San Lorenzo, su cui il leone era stato dipinto e con il tempo è andato perduto.

Ti ricordo che quest'ultima porta, insieme alla sua storia interessante e articolata, è una delle meravigliose protagoniste del volume "In viaggio a Bergamo - La città delle porte"!


E che conclusione sarebbe senza una quinta porta segreta?!

Raggiungi Via Sotto Mura di Sant'Alessandro, e sbirciando dietro un cancello, farà capolino la "Porta del Soccorso".

Essa rappresentava, come si può intuire, l'accesso ad una via di fuga, preziosissima in caso di assedio o di necessità - come ad esempio assaltare i nemici a sorpresa; questa via conduceva fino al Castello di San Vigilio, ultimo baluardo della città.


Come dimostra l'immagine, avrai certamente capito che tale porta segreta non poteva avere alcuna sembianza che tradisse la sua natura: era ed è tuttora, infatti, una porta semplicissima ed anonima, che richiama un ingresso qualsiasi.



Le polveriere


La Polveriera Superiore

Insieme alle Mura, il passaggio veneziano ha conservato inalterato a Bergamo un altro interessante elemento: una coppia di polveriere, sorte anch'esse nel tardo Cinquecento, che si possono scorgere nella loro curiosissima forma in due punti non distanti di Città Alta, in zona Colle aperto: cercale, appena avrai occasione! La loro struttura in blocchi di arenaria ricorda una piramide.



Sul "Canal Grande della Pianura Lombarda" nasce Città Alta

La costruzione delle imponenti mura ha anche cambiato il volto e inevitabilmente la stessa "natura" della zona superiore della città, che da quel momento, arroccata al loro interno, è divenuta formalmente “Città Alta”.


Le Mura venete sono una miniera di dettagli e curiosità... se l'argomento ti ha catturato, tieni d'occhio il calendario dei tour per non perdere quello dedicato alle Mura (...ultimamente spesso accompagnato da un delizioso pic-nic!).


Avrai l'occasione di passeggiare in maniera inedita per il Viale delle Mura - sai che venne perfino ribattezzato “Canal Grande della Pianura Lombarda”?! - e riavvolgerne la storia, in tutte le sue sfumature, all'ombra dei meravigliosi alberi che incorniciano il viale, rendendo ancor più suggestiva la passeggiata - sapevi, a proposito, che questi viali alberati sono stati una volontà di Napoleone?!



Case “veneziane” a Bergamo


Ed ora, approfondite le più "evidenti" ed imponenti tracce lasciate dalla Serenissima, addentriamoci in Città Alta per curiosare qualcuno fra i richiami veneziani disseminati per le vie.


Una casa in stile veneziano in Via Borgo Canale, al numero 38

Qui ti segnalo due particolari case bergamasche che paiono quasi vere e proprie dimore veneziane "prestate" alla nostra città: la prima è una realizzazione novecentesca in Borgo Canale, la celebre via degli artisti, realizzata dal versatile architetto che ha firmato anche la splendida Casa dell’Arciprete, la cui porta è un'altra protagonista che incontrerai sfogliando le pagine de “In viaggio a Bergamo - La città delle porte”.



A destra, le finestre di Casa Bottani, in via Gombito; a sinistra, l'affresco originario della facciata

L’altra, è una casa che sfugge facilmente alla nostra attenzione, perché si trova nel cuore della Corsarola – e sono certa che, fra i numerosissimi stimoli visivi che offre percorrere la via più “trafficato” di Città Alta, potresti non averci mai fatto caso!


Dal lato opposto rispetto alla loggia della Pasticceria Donizetti, al numero 26 B/C, guarda in alto: noterai delle curiosissime finestre a coronamento ogivale e trilobato, in tipico stile veneziano, unico esempio rimasto a Bergamo. Sono le finestre di Casa Bottani, e aguzzando la vista, ti accorgerai anche che l'intera facciata ha conservato frammenti di una decorazione ad affresco ormai completamente sbiadita, che avrebbe svelato una rappresentazione della veneziana Piazza San Marco, tra altre bellissime scene lagunari.


Ebbene sì: Bergamo, capolavoro di pietra, era ricchissima di affreschi…

Ti consiglio di prestare attenzione durante la tua prossima passeggiata in città, potresti rimanere sorpreso dalla quantità di frammenti che fanno capolino dagli angoli!


Un paggio che regge il leone di San Marco, affresco della "Domus Mercatorum", via Gombito


Questi piccoli esempi non esauriscono affatto le testimonianze della Serenissima presenti in città: ve sono davvero moltissime altre, dal torrione circolare che caratterizza la Rocca di Bergamo (di edificazione trecentesca), aggiunto proprio dai veneziani, alle sale dell'Accademia Carrara che conservano alcune meravigliose tele di Canaletto e di Bellotto, alcuni fra i grandi pittori della Serenissima.



Le Mura venete da "ruina della patria" a Patrimonio UNESCO


Il 9 luglio 2017, le Mura di Bergamo entrano a far parte del progetto UNESCO “Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar occidentale”. La candidatura ha visto capofila Bergamo e ha compreso altre quattro città (Peschiera e Palmanova per l’Italia, Zara e Sebenico per la Croazia e Cattaro per il Montenegro).


Questo riconoscimento prezioso a patrimonio dell'umanità apre inevitabilmente una riflessione.

Com’è curioso pensare ai significati, spesso contrapposti, che con il passare del tempo assumono i medesimi luoghi. Proviamo a comprendere, ad esempio, le percezioni dei bergamaschi del passato nei riguardi della sciagura rappresentata dalle Mura; e guardiamo alle meravigliose sensazioni che le Mura suscitano nei bergamaschi odierni.


Oggi le Mura sono un pilastro dell'identità bergamasca, un tutt'uno imprescindibile con la città, eppure conservano ancora un valore contraddittorio, anche se oggi sono vissute, amate ed "abbracciate" dai cittadini: in origine furono un evento funesto, una violenza lacerante per il popolo, e per questo vennero definite nientemeno che la "ruina della patria".


Questo valore contraddittorio è giusto venga considerato, compreso e mantenuto, affinché i significati e le sfumature della storia ci rendano consapevoli, per leggere non solo il passato, ma anche e soprattutto in vista del futuro.


La Venezia dei bergamaschi


Ci sarebbe letteralmente ancora un mondo da raccontare sui legami fra Bergamo e Venezia!

Monumento equestre in onore di Bartolomeo Colleoni, Piazza San Giovanni e Paolo - Venezia

Voglio lasciarti con una delle tracce che, invece, sono stati i bergamaschi a lasciare.. a Venezia!

Quello scolpito nella foto che ti ho appena mostrato è un importantissimo personaggio della storia bergamasca, e osserva dall'alto del suo destriero i turisti che passeggiano per la città...

Si tratta del nostro celebre Bartolomeo Colleoni, condottiero di vastissima fama e Capitano Generale della Repubblica di Venezia.


Assecondandone il proverbiale "l'ego", la Serenissima gli promette una statua al centro di Piazza San Marco, ma poi,giocandogli un bel tiro mancino, la colloca in un'altra piazza, davanti a San Marco, in effetti.. ma precisamente l'Ospedale di San Marco!

Questa statua meravigliosa, datata fine Quattrocento, è l'ultima realizzazione del Verrocchio, scultore fiorentino alla cui bottega si formò il grande Leonardo.


Venezia ti aspetta: quale migliore occasione di questa per fare un.. tuffo in laguna?!



 

Riferimenti


Giovanni Vitolo, Il Medioevo, Sansoni, 2017


Emanuele Roncalli, Bergamo insolita e segreta, Jonglez Editore, 2018






Riferimenti fotografici










Porta San Giacomo (Instagram, @gloriana_stefani)



Porta Sant'Agostino (Instagram, @vascoperro)


Porta San Lorenzo (In viaggio a Bergamo - La città delle porte, N. Mangili, C. Marinoni, E. Monico)








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