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Sulle tracce di Salvatore Quasimodo, da Bergamo Alta a Palazzago


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La targa posta presso la Rocca a ricordo dell'incarcerazione di Salvatore Quasimodo a Bergamo

Ci sono luoghi in cui ho camminato così spesso che mi basta chiudere gli occhi per tornarci, senza muovere nessun altro muscolo.


La Rocca di Bergamo Alta, ad esempio, è un luogo perfetto: domina la città pur trovandosi nel suo stesso cuore, ma è al contempo immersa in una dimensione di silenzio e incanto come se ne fosse separata, distante. Il parco tutt’attorno, tra alti pini, cimeli e memorie del periodo bellico, aiuta a contestualizzare maggiormente questo luogo, incrementandone la forza evocativa.


E poi vi è una targa singolare, poiché letteralmente aperta verso il panorama sottostante, che ti invita a guardare la città, e in cui riecheggia il nome di Salvatore Quasimodo. Oggi vorrei partire da qui, e attraversare la nostra città – spingendoci anche altrove! – in compagnia di un poeta che vide la propria esperienza segnata dall’incontro con Bergamo, e che alla città dedicò versi immortali.


Ti anticipo già che questa è una delle tante trame che potrai inseguire se deciderai di regalarti una visita a Bergamo con la Margì e il suo tour letterario! Tieni d'occhio il calendario dei tour per scoprire quando sarà nuovamente in programma!



Salvatore Quasimodo a Bergamo

Salvatore Quasimodo
Salvatore Quasimodo

Il poeta siciliano, formatosi come geometra e ingegnere, ma poi, invertita la rotta e abbracciata la poesia, giunto eccezionalmente a guadagnare l’illustre Premio Nobel per la letteratura nel 1959, nacque un anno dopo lo scoccare del 1900.


Poeta della corrente ermetica, narrò in versi accadimenti e sensazioni che caratterizzarono il suo vissuto, con, appunto, un filtro ermetico che ne rende la produzione, spesso, di complessa decifrazione.

Il suo legame con la città di Bergamo è stato singolare ed estremamente decisivo, trovando così importante riflesso anche nelle sue poesie, e nella sua eredità culturale.


L’ermetismo di Quasimodo, però, si allentò a tratti, e le parole si svincolarono, quando il poeta si trovò a comporre versi che potessero dare voce alle immagini della Seconda guerra mondiale.

Egli si trovò in particolare di fronte alle terribili devastazioni che investirono la città in cui da tempo si era stabilito, Milano: la sua stessa casa venne distrutta dai bombardamenti che lacerarono l’intero abitato milanese nel 1943.


Fu proprio la raccolta Giorno dopo giorno, infatti, pubblicata nel 1947 ma composta durante gli anni della guerra, a segnare un netto cambiamento stilistico nella produzione poetica di Quasimodo.

Questa, pur mantenendo gli stessi modi espressivi dell'ermetismo, si fece più impegnata e attenta alla società: riflettendo l’impegno civile di Quasimodo, dalla raccolta emersero temi di tipo sociale, storico e politico.


Eppure, da quei drammatici momenti Quasimodo uscì illeso: provvidenzialmente, infatti, nell'estate di quell’anno, il poeta si trovava proprio a Bergamo mentre le bombe dell’aviazione alleata si infrangevano su Milano. Insieme alla compagna Maria Cumani, infatti, era ospite di Giacomo Manzoni, in arte Manzù, noto scultore bergamasco, che aveva il proprio studio all'imbocco di una deliziosa strada di Città Alta, via Porta Dipinta.



Salvatore Quasimodo e Giacomo Manzù

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La targa che ricorda il soggiorno di Quasimodo presso la casa di Giacomo Manzù, in via Porta Dipinta.

I due personaggi erano uniti da un profondo legame artistico: come emerge dalle lettere che si scambiavano, Quasimodo e Manzù si sentivano infatti coinvolti in quel processo collettivo che vide gli intellettuali italiani esprimere, ciascuno secondo i propri mezzi – scrivendo, dipingendo, scolpendo o componendo versi –, il bisogno di fare arte «come motivo di presenza umana». La loro vocazione era appunto riportare al centro la dimensione esistenziale dell’uomo proprio attraverso l’arte, per ricostruire da lì il prezioso retroterra culturale della civiltà italiana, devastato dal ventennio fascista e dagli anni della guerra.



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L'edificio che ospitava la studio di Giacomo Manzù, dove soggiornò Quasimodo